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MATCH POINT
Match Point è un videogioco di tennis pubblicato nel 1984 per Amstrad CPC, Atari ST, Commodore 64, ZX Spectrum e Sinclair QL da Psion e altri editori e, con il titolo Tournament Tennis, per ColecoVision, Commodore 64 e MS-DOS da Imagic. Uscì anche per Thomson TO7, Thomson MO6 e Thomson MO5 con il titolo Super Tennis. Alcune edizioni Atari ST, Commodore 64 (su cartuccia) e DOS usarono il semplice titolo Tennis.
RECENSIONE
MATCH POINT
La creazione di Match Point per Commodore 64 è il risultato di una passione inaspettata per il tennis che ha colto di sorpresa il team di Psion. Era il 1984, e la software house britannica Psion, già nota per applicazioni di produttività come i primi fogli di calcolo, decise di lanciarsi nel mondo del gaming. Il gioco fu sviluppato in modo quasi amatoriale, inizialmente concepito come esperimento per mostrare le capacità grafiche e di calcolo del Commodore 64. A capo del progetto c'era il programmatore John Bates, che si ispirò ai tornei reali di tennis dell'epoca, caratterizzati dalle imprese di campioni come John McEnroe e Björn Borg. La squadra di Psion aveva una sola missione: portare la tensione e la strategia del tennis direttamente nel salotto di casa, senza effetti speciali o grafica elaborata, ma con un gameplay che mettesse al centro abilità e tattica.
GAME, SET!
Racchetta alla mano e joystick nell'altra, Match Point per Commodore 64 si presenta come il Federer dei giochi di tennis retrò. Oppure no? In realtà, sembra più come se Roger Federer avesse lasciato la racchetta a un robot vintage un po' arrugginito, ma proprio questo mix di goffaggine e nostalgia lo rende un'esperienza da ricordare. Match Point ti accoglie con un menù di opzioni essenziale quanto una cena a base di pane e acqua: puoi scegliere tra Quarter Final, Semi Final e Final. Tre scelte, tutte con una caratteristica ben precisa: la velocità della palla. La modalità Quarter Final è come giocare a tennis sulla Luna: la palla sembra non voler mai arrivare, lenta come il traffico delle 5 di pomeriggio in centro città. Al contrario, in Final, la palla si trasforma in un proiettile velocissimo che probabilmente vi farà sentire come un neofita che sfida Nadal. In Semi Final, il compromesso perfetto: la velocità è giusta per chi non vuole aspettare la pensione per vedere la palla rimbalzare.
La schermata di selezione iniziale dove è possibile scegliere la fase e la modalità di gioco
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UNA SFIDA GRAFICA TRA DIRITTI E ROVESCI
Diciamolo subito: per i tempi, la grafica di Match Point non era affatto male. Certo, oggi potrebbe sembrare semplice come un disegno fatto con i pastelli su un foglio di carta da forno, ma nel 1984 era praticamente il Roland Garros dei videogiochi di tennis. Per i giocatori di allora, abituati a linee rette e colori monocromatici, vedere un campo da tennis verde con tanto di rete e due giocatori che si muovono fluentemente era un piccolo miracolo digitale.
I personaggi sono stilizzati come sagome bidimensionali, quasi delle silhouette animate, ma è proprio questa semplicità che conferisce al gioco un certo fascino. Ogni movimento, dal servizio alla corsa verso la palla, è reso con una fluidità sorprendente per il Commodore 64, che all'epoca era un vero campione di efficienza hardware. Il campo, con le sue linee bianche ben visibili e la rete ben definita, crea un'atmosfera che, nonostante la semplicità, riesce a trasportarti in un torneo di tennis retrò. Potrebbe non essere un'esperienza visiva da mozzare il fiato, ma quando ci si immerge nel gioco, il livello di dettaglio appare più che sufficiente per apprezzare ogni scambio di palla.
Anche il pubblico non è molto invadente, ma è una scelta che si traduce in un vantaggio: niente distrazioni, solo tu, il tuo avversario e quella piccola palla che rimbalza, proprio come in un intenso faccia a faccia tra due leggende del tennis. E anche il piccolo raccattapalle, che sfreccia di lato, è un dettaglio comico e geniale, aggiungendo quel tocco di umorismo che non guasta mai. Insomma, la grafica di Match Point potrebbe sembrare minimalista, ma è un tipo di minimalismo che funziona, facendo il massimo con le limitate capacità del Commodore 64.
Uno scambio tra Agassi e Sampras .... come dite ? Non notate la somiglianza ?
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PIU' SILENZIOSO DI UNA BIBLIOTECA
Se la grafica di Match Point era semplice ma efficace, l'audio invece si è ritagliato una sua nicchia di unicità che si potrebbe definire come... minimalista estremo. Per chi sperava in una colonna sonora martellante o in un pubblico roboante, l'esperienza potrebbe risultare sorprendente, se non addirittura spiazzante. Il gioco opta infatti per una scelta curiosa: un silenzio quasi tombale, interrotto solo dai suoni degli scambi di palla e dal colpo secco della racchetta. Potrebbe sembrare una mancanza, ma è una decisione più strategica di quanto si creda.
Immaginatevi seduti al centro di Wimbledon, immersi in quella tensione silenziosa tra un punto e l'altro, dove l'unico suono è quello della palla che rimbalza. Match Point ricrea questa atmosfera zen con una fedeltà inaspettata. Ogni rimbalzo della palla è accompagnato da un plop delicato, quasi terapeutico, mentre il colpo della racchetta risuona come un tock deciso, creando un ritmo di gioco che ricorda una meditazione guidata a suon di pixel. Non ci sono effetti sonori sofisticati o musichette fastidiose a distoglierti dall'azione, rendendo l'audio un elemento funzionale che contribuisce a quella concentrazione maniacale tipica dei veri match di tennis.
In effetti, questa scelta stilistica ricorda molto le prime simulazioni sportive, dove l'attenzione era tutta sul gameplay piuttosto che sull'immersione audio-visiva. I programmatori di Psion, lavorando con le limitate capacità sonore del Commodore 64, hanno preferito investire tutto nello sviluppo di un sistema di colpi e di rimbalzi che risultasse almeno credibile e non distraesse i giocatori. Possiamo dire che la vera musica di Match Point è il ritmo della partita stessa: una sinfonia di scambi che va crescendo, con i giocatori sul divano che si lasciano trasportare dal battito dei colpi e dalle urla di frustrazione ogni volta che un punto viene perso.
È chiaro che per gli standard attuali il comparto audio potrebbe sembrare scarno, ma per l'epoca era perfettamente in linea con le aspettative. Al contrario di giochi che riempivano ogni silenzio con suoni casuali e fastidiosi, Match Point fa del silenzio la sua forza, offrendo un'esperienza che, paradossalmente, risulta più autentica e focalizzata. E se proprio sentite la mancanza di una colonna sonora, niente paura: accendete il vostro walkman, mettete su una hit degli anni '80, e lasciate che i suoni retrò della vostra playlist facciano da sottofondo a questo epico torneo digitale.
Ho sempre odiato quando l'avversario scende a rete e intercetta i passanti.
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PIU' GOFFI DI UNA GARA DI SCACCHI
La vera star di Match Point è il joystick, che sembra avere una vita propria. A differenza di un controller moderno, dove basta un dito per indirizzare il colpo, qui è tutto un balletto di movimenti precisi. Lanciare la palla nel punto giusto richiede la precisione di un chirurgo... cieco! Ad esempio, se premete il pulsante per colpire e spostate il joystick in una direzione, potreste finire con la palla che sfreccia in tutt'altra parte del campo, come se steste cercando di colpire una zanzara con una racchetta gigante. Ma con il tempo, questo diventa parte del divertimento: imparerete a prevedere gli errori e a ridere dei colpi sbagliati, come quando si fa una figura imbarazzante con gli amici al parco.
Dove Match Point dà il meglio è nella modalità due giocatori. Qui, ogni partita diventa un torneo epico, con i giocatori sul divano che si scontrano come McEnroe e Borg ai tempi d'oro. Gli scambi sono intensi, le risate inevitabili. In questa modalità, il gioco mostra tutta la sua bellezza retrò: è un'esperienza sociale più che un semplice passatempo, con la tensione che cresce punto dopo punto. Provate a servirvi un ace con il trucco del tasto CTRL, che manda l'avversario AI in un angolo del campo, e sentitevi subito dei Novak Djokovic degli anni '80.
In effetti, questa scelta stilistica ricorda molto le prime simulazioni sportive, dove l'attenzione era tutta sul gameplay piuttosto che sull'immersione audio-visiva. I programmatori di Psion, lavorando con le limitate capacità sonore del Commodore 64, hanno preferito investire tutto nello sviluppo di un sistema di colpi e di rimbalzi che risultasse almeno credibile e non distraesse i giocatori. Possiamo dire che la vera musica di Match Point è il ritmo della partita stessa: una sinfonia di scambi che va crescendo, con i giocatori sul divano che si lasciano trasportare dal battito dei colpi e dalle urla di frustrazione ogni volta che un punto viene perso.
IL TENNIS IN SALSA RETRO'
Match Point non è perfetto: non ha i riflessi di un Alcaraz né la precisione di un Federer. È più simile a un torneo di tennis giocato in un garage con racchette di legno vecchie. Ma, in questo, risiede il suo fascino: è un ritorno a un'epoca in cui i giochi erano semplici, diretti e soprattutto esilaranti. Può sembrare rudimentale per gli standard moderni, ma offre una sfida nostalgica che è difficile trovare oggi. E se riesci a servire un ace in modalità Final, potrai dire di aver domato il leone del tennis retrò a 8 bit.
MATCH POINT: LONGPLAY
Semplice, fluida e colorata. Buona definizione dei tennisti.
Inizialmente ostico nei comandi, con l'abitudine diventa molto divertente, sopratutto nei tornei con gli amici.
I pochi effetti sonori sono realizzati in modo accettabile, ma si poteva fare di più e meglio.
Un titolo tra i migliori del suo genere, per molto tempo incontrastato signore della disciplina con racchetta.
VOTO FINALE
6,5
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